Roma città aperta (Rome, Open City), Parte VIII

Regia: Roberto Rossellini, 1945 

ENGLISH TRANSLATION

Due soldati italiani stanno camminando con un agente di polizia. Uno di loro racconta agli altri di una donna venuta a chiedere aiuto: il suo fidanzato era stato preso dalla Gestapo. La storia finisce: "’Stia tranquilla! Ci penso io’, le ho detto. Che belle gambe che aveva!" Gli uomini ridono, indifferenti alla donna o al suo fidanzato: ora stanno con i tedeschi.

Girando l'angolo, vedono un uomo in un trench. Ma c'è il coprifuoco. Un soldato grida: "Alt! Mani in alto!"

È Francesco, sulla via di casa dalla tipografia. "Ho il permesso" – dice, mani in alto – "Tipografo!" Agita il documento sopra la testa.

L'agente di polizia esamina il documento. “Ah. Va bene. A casa e svelto!”

Francesco si affretta, mani in tasca. Al suo palazzo, apre la pesante porta di legno.

Una volta dentro, sente un'auto rombare e fermarsi lì davanti. Aspetta fuori dalla vista, dietro un angolo, per vedere chi sta entrando.

È Lauretta, tutta in ghingheri. Si gira verso il suo accompagnatore e gli stringe la mano: "Auf wiedersehen, capitano, e grazie”.

Lui risponde in tedesco : "Buonanotte. A domani, non dimenticarlo".

"Sì!" Lei chiude la porta. Tira su la gonna e si aggiusta un collant – non facile da trovare in quei giorni.

Mentre cammina verso le scale, si spaventa nel vedere una figura nell'ombra. “Francesco, mi hai fatto paura!” Con la faccia nascosta nell'oscurità, lui non dice nulla. “Ho fatto un po’ tardi “ – spiega lei – “Ma mi hanno voluta accompagnare a casa per forza”. Imbarazzata di essere stata vista con un tedesco, chiede: “In fondo non c'è niente di male, no?”

Senza una parola, lui si gira e sale le scale. Lei alza le spalle e lo segue.

Nell'appartamento di Francesco, Manfredi è seduto a tavola, accanto a una pentola di minestra. Quando Francesco entra, i due uomini si stringono calorosamente la mano.

“Ciao, Francesco”.

Ti è andata bene!” commenta Francesco, appendendo cappello e cappotto.

“Sì, la padrona di casa e Nannina sono state bravissime”.

“Mi ha detto Don Pietro che è stata Pina che ti ha aperto?”

“Si, è stata molto gentile”.

“Come ti pare?”

“Fai bene a sposarla!” Sorridendo, aggiunge: “Al principio mi aveva preso per un poliziotto, mi ha trattato malissimo”.

“Ha! Me lo immagino”.

Francesco serve la minestra mentre discutono del loro lavoro con la resistenza. Manfredi dovrà stare nascosto per un po', visto che è stato identificato. Francesco gli dà l'ultimo numero de l'Unità, dalla tipografia dove lavora, Quindi, sentendo bussare, Francesco va alla porta, sapendo che è Pina.

Si salutano amorevolmente. Ma Pina dice: “Son tanto in pensiero per Marcello. È sparito. L'ho cercato in tutto il palazzo. Non c'è!” A quanto pare mancano anche gli altri ragazzi dell'edificio. Ed è iniziato il coprifuoco...

Improvvisamente, un'enorme esplosione li spaventa. Gli uomini vanno alla finestra, guardando fuori. Mentre inizia a suonare una musica di suspense, Pina chiude la porta e spegne la luce.

Fuori vedono i resti in fiamme dell'esplosione. Pina alza le mani verso il viso, profondamente preoccupata.

Nel buio, i ragazzi del quartiere vengono in vista, e la musica si trasforma in un tema d'incitamento e di speranza. I ragazzi corrono nella notte, illuminati da colpi di luce intermittenti.

Entrano nell'edificio da un passaggio, e Romoletto annuncia: "Bravi! Sono fiero di voi!” Lo sceneggiatore ha scelto il nome del ragazzo con cura: Romoletto è l'omonimo di Romolo, il leggendario fondatore di Roma.

Quattro di loro salgono le scale del palazzo di Marcello. Uno entra nel suo appartamento e saluta gli altri.

“Arrivederci!”

“Buonanotte!”

“Ciao!”

Sembrano stranamente mogi.

Da dentro, sentiamo un’accoglienza arrabbiata: “Sei vivo! Ma ti ammazzo io!” I ragazzi si voltano un attimo, terrorizzati, poi corrono su per le scale.

Un ragazzo si vanta: “Se avessi un padre così gliela farei vedere io!” Si alza per suonare il suo campanello. Dall'alto, attraverso la porta aperta, Marcello e il suo amico vedono il padre del ragazzo che lo schiaffeggia e urla: “Brutto mascalzone! A quest'ora vieni a casa!”

I due ragazzi arrancano, con aria costernata e piena di timore. Qualunque cosa abbiano affrontato fuori con i tedeschi non è nulla in confronto all'ira dei loro genitori preoccupati.

Raggiungendo il loro pianerottolo, l'amico di Marcello dice: “Sarebbe meglio che entrassimo uno alla volta”.

Ma Pina li batte sul tempo. Spalanca la porta, afferra Marcello e comincia a picchiarlo. “Siete qui brutte canaglie! Adesso vi concio per le feste!” Li spinge nell'appartamento in un impeto di furia.

All'interno, la famiglia da cui Pina è in affitto si è riunita. Inizia l’interrogatorio: “Dove siete stati?”

“Da Romoletto!”

“Non è vero! Non c’era nessuno su!”

L’interrogatorio continua, mentre gli adulti discutono su chi ucciderà i bambini.

Arriva Francesco e dice ai ragazzi: "Andate a letto, voi due". Loro scappano via con gratitudine.

A Pina dice: "Sono solo ragazzini". Dal suo letto nell'angolo, il nonno, in gilet e camicia bianca, guarda, ridendo.

In accappatoio, Marina irrompe, lamentandosi: “Ma la volete piantare? Non si può avere un attimo di pace in questa casa! Lavoro tutto il giorno io!” Ne consegue una serie di grida, e Marina dichiara, esasperata: “Mi sono stufata di stare dentro questo serraglio!”

Arriva la risposta: “E vattene! Chi ti ci tiene?!”

Il nonno chiama Francesco al suo capezzale. "Elide sta preparando una torta per il vostro matrimonio domani".

A letto, Marcello parla con una bambina con cui condivide la stanza. “Li abbiamo fregati bene quelli, eh?”

“Non mi ci portate mai però!”

“Ma che c’entra? Te sei una donna!”

“Perché? Le donne non possono fare eroismo?” La macchina da presa mostra i buchi delle sue calze.

Quando entra Francesco, la ragazza va a letto con i suoi due fratelli minori.

Sedendosi, Francesco passa la mano fra i capelli di Marcello.

“Non dormi?”

“Non ho sonno”.

“Dove siete stati con Romoletto?”

“Non te lo posso dire”.

“Nemmeno a me?” Tocca delicatamente la guancia di Marcello.

“No, è un segreto”.

“Allora hai ragione. Non lo devi dire a nessuno”. Il ragazzo sorride, rassicurato.

Francesco rimbocca le coperte al ragazzo, poi spegne la luce. Marcello si mette seduto. “Senti!”

“Che c'è?” Francesco torna al letto.

“È vero che da domani ti devo chiamare papà?”

“Se vuoi”.

“Sì, ti voglio tanto bene”. Francesco lo avvolge in un abbraccio stretto.

Pina esce dall'appartamento, sul pianerottolo. Sospira e si mette una mano sulla fronte. Francesco la raggiunge.

“Che hai?” chiede lui.

“Ho litigato con mia sorella. Vuole andare via. Dice che non verrà al matrimonio”.

Pina inizia a singhiozzare. "Quanto sono stanca".

Lui mette il braccio attorno a lei. "Su!"

"Quanto sono stanca!" Lei lo fa sedere sulle scale. "Mettiamoci qua… Come quando ci siamo parlati per la prima volta. Ti ricordi?”

Lei continua: “Com'è lontano quel tempo, e com'è diverso, eppure c'era già la guerra”.

“Sì” – concorda lui – “Tutti si illudevano che sarebbe finita presto – e che l'avremmo vista soltanto al cinegiornale. E invece…”

“Ma quando finirà? Ci sono dei momenti che non ne posso proprio più! Questo inverno sembra non finire mai”. 

“Finirà, Pina… finirà” – la rassicura lui – “E tornerà pure la primavera e sarà più bella delle altre. Perché saremo liberi. Bisogna crederlo. Non dobbiamo aver paura. Nè oggi nè nell’avvenire. Perché siamo nel giusto”.

Forse la strada sarà un po’ lunga e difficile ma… arriveremo e vedremo un mondo migliore

E soprattutto lo vedranno i nostri figli… Marcello e lui, quello che aspettiamo”.

Lui continua: “Per questo non devi aver paura. Mai, Pina. Qualunque cosa succeda. Vero?”

Tra le lacrime, lei risponde: “Sì, Francesco… Ma io non ho paura. Mai”.

FINE PARTE VIII

ENGLISH TRANSLATION

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GLOSSARIO

  • accappatoio (oio/oi) – bathrobe

  • in affitto – rent

  • agita (agitare) – he waves, shakes

  • ti è andata (andare) bene (male/avverbio) – it went [well/badly/adverb] for you

  • arrancano (arrancare) – they trudge

  • l’avvenire – the future

  • li batte (battere) sul tempo – she beats them to it

  • i buchi (co/chi) – the holes

  • il capezzale (e/i) – the bedside

  • il cinegiornale (e/i) – the newsreels

  • un collant – a stocking

  • vi concio (conciare) per le feste – I’ll beat your faces in (idiomatic expression; not a literal translation)

  • gliela farei (fare) vedere! – I would show him!

  • fiero (o/a/i/e) – proud

  • in ghingheri – gussied up, dressed up

  • gilet (no change) – vest

  • la guancia (cia/ce) – the cheek

  • si illudevano (illudersi) – they deluded themselves

  • un impeto (o/i) – a force

  • mascalzone (e/a/i/e) – rascal

  • minestra (a/e) – soup

  • mogi (io/ia/i/ie) – subdued

  • l'omonimo (o/i) – the namesake

  • ci penso (pensarci) io – I’ll take care of it

  • una pentola (a/e) - a pot

  • piantare – to stop

  • picchiarlo (picchiare) – to beat him

  • rassicurato (rassicurare) – reassured (past participle as adjective)

  • rimbocca (rimboccare) le coperte – he tucks in (someone in bed)

  • rombare – to roar

  • scappano (scappare) – they run off

  • lo sceneggiatore (tore/trice/tori/trici) – the screenwriter 

  • schiaffeggia (schiaffeggiare) – he slaps

  • serraglio (io/i) – zoo, circus

  • sospira (sospirare) – she sighs

  • mi sono stufata (stufarsi) – I’m fed up

  • su! – come on!

  • timore (e/i) – dread

  • si vanta (vantarsi) – he boasts

  • si voltano (voltarsi) – they turn