Risate di Gioia (The Passionate Thief), Parte II

Regia: Mario Monicelli (1960)

ENGLISH TRANSLATION

Con l'accompagnamento del ritmo vivace della musica rhythm and blues, un uomo cammina lungo un corridoio con appese insegne luminose al neon. Perfino le pareti sembrano vive con la luce. Indossa una giacca chiara e una camicia scura, con un trench bianco appoggiato sopra una spalla. Questo è Lello (Ben Gazzara). Mentre cammina, si aggiusta la cravatta e controlla l'orologio. Arriva al suo punto d'incontro: un lustrascarpe. Un uomo corpulento (Fanfulla) seduto lì lo saluta con un cenno della mano. 

"Ciao, Spizzico", gli dice Lello.

Spizzico si mette subito al lavoro: “Patti chiari. Oro e gioielli. Roba che si può sciogliere. Nessuna roba grossa; non te la prendo”. Inginocchiato, il lustrascarpe continua a lustrare le scarpe di Spizzico, una sigaretta tra le labbra.

Lello è un po 'offeso. "Non vado nelle sale da ballo per materassi e coperte! Piccole cose, stai tranquillo!"

"Lui lavora di fino!" interviene uno dei presenti, di nome Pecori’.

Lello scrocca una sigaretta dallo scagnozzo di Spizzico. Senza chiedere permesso, toglie la sigaretta dalla bocca del lustrascarpe per accendere la sua.

Chiede a Spizzico: "Mi avete trovato l’uomo d’appoggio?"

"Non è facile, sai. A te serve qualcuno di speciale, con l’abito da sera. Non ci sono molte persone adatte a posti di alta classe. E quei pochi non si fidano di te. Forse perchè non ti conoscono".

“Beh, sono stato fuori".

"Non sarai stato dentro?" dice Pecori, insinuando che sia stato in prigione.

Lello gli lancia la sigaretta senza nemmeno guardarlo. Sorprendentemente, la cenere lo colpisce proprio in faccia. "Non fare il buffone!”

Lello spiega a Spizzico: "Sono stato all'estero per tre anni".

"Lo sappiamo. Sei forte! L’idea di fare il giro dei locali notturni la notte dell’ultimo dell’anno è un'idea buona. Anzi: buonissima!” Si alza e Lello si siede al suo posto. Spizzico continua: "Ma non sarebbe meglio se facessi da solo? Così non spartisci con nessuno?"

No, no, Lello scuote il dito. “Io prelevo e passo. Non mi tengo mai la roba addosso. È un fatto nervoso. Se non riesco a passarla subito, sono fottuto".

Interviene il lustrascarpe: “Volete uno di bella presenza? Incensurato e con lo smoking? Umberto Pennazzuto".

"Chi? Infortunio*?” chiede l'amico, facendo una smorfia.

Spizzico approva: “Però! Però!"

*Questo soprannome significa ‘incidente’.

“Infortunio? È chi è?" chiede Lello.

"È uno che fa la comparsa a Cinecittà. E tutte le volte si infortuna apposta per avere l’assicurazione. Hai capito?" spiega Spizzico.

Lello non è convinto. "Allora è un morto di fame".

Spizzico chiede sardonicamente: "Chi volevi per farti da spalla mentre rubi: Dante Alighiero*?"

*Deridendo le pretese di Lello, lo stesso Spizzico pronuncia male il nome del grande poeta italiano, Dante Alighieri.

Successivamente vediamo Umberto Pennazzuto (Totò) – altrimenti conosciuto come Infortunio – nel suo letto stretto, sotto tre ritratti della sua vita nel mondo dello spettacolo. Mette un mozzicone di sigaretta nel bocchino e lo accende.

La sua padrona di casa (Marcella Rovena) irrompe nella stanza.

"Beh?" chiede lui.

"Dobbiamo fare spazio!" dice lei con stizza. Ha un accento veneto. Finora quasi tutti i personaggi hanno parlato con un accento romano. “Stasera c’è un ballo qua! Non avrete mica da protestare con tre mesi di affitto da pagare, vero?"

Una bambina entra saltellando: "Pennazzuto, telefono!"

"Subito!" dice lui col suo accento napoletano, e salta fuori dal letto per scappare.

La prossima stanza è decorata per il nuovo anno. Umberto risponde al telefono. “Pronto? ... Spizzico chi? ... Ah, sì, sì. Saluto… Certo che ce l’ho l’abito da sera. E che lavoro sarebbe?" Ascolta per un momento e poi ridacchia. "E me lo chiami lavoro? ... Lo so, lo so, ma non è cosa mia". Ora la padrona di casa e sua figlia entrano nella stanza per decorare. Umberto continua: "Non è il mio genere. E poi, avrei anche un impegno... Una signora... mi dispiace. Se cambio idea, telefono. Buon anno e arrivederci".

La padrona di casa commenta: “Meno male! Ci permettiamo anche il lusso di rifiutare il lavoro adesso, vero?" La vediamo allo specchio mentre lo rimprovera. Chinandosi, lui compone un numero.

Quando rispondono, Umberto dice, mascherando la sua voce e parlando in un italiano incerto: “Hello! Io essere grande regista Cecil B. DeMille. Volere parlare con grande attrice Tortorella!”

All'altro capo del telefono, Gioia risponde: “Umberto, Cecil B. DeMille è pure morto, poveraccio. La vuoi piantare?” Avvolto intorno alla sua testa, un asciugamano bianco si erge sopra di lei.

“Mi hai riconosciuto, eh? Però ci stavi per cascare, dì la verita”.

"Sì, va bene", lei sospira.

Umberto arriva al punto: “Ho avuto una bella idea! Vogliamo stare insieme questa sera?”

Lei solleva le sopracciglia, senza dire nulla.

Dietro Umberto, vediamo una bellissima doppia fila di finestre illuminate. Dietro Gioia, seduto sul letto con camicia, gilet e cappello, suo nonno (Carlo Pisacane) sta giocando a solitario.

Umberto dice: “Pronto? Tortorella, ci sei? Dicevo: vogliamo stare insieme come il capodanno dell'anno scorso? Ci porta bene!”

"Ma che ci porta bene, Umbe’? Un anno come questo non l’ho mai visto!" dichiara lei, gesticolando mentre parla. "Anzi, ora che ci penso, forse sei stato proprio tu a portarmi iella!" Lei ridacchia.

"Non arrabbiarti. Comunque, anche se volessi, non potrei, sai, perché sono occupata stasera". Dà dei colpetti al turbante che nasconde la cosa spettacolare che aveva intenzione di fare con i suoi capelli. "Sì, esco. In comitiva con ricco programma". Gioia si vanta di avere amici eleganti.

"Non potrei venire anch'io?"

"Eh... forse... Ma ti avverto: sono dalle otto alle diecimila lire, eh?" Lui non risponde. "Pronto? Sei lì?"

"Eh, buona notte e auguri..."

Lei risponde: "Buonanotte!" e riattacca.

Umberto si strofina una mano sul mento, pensando. Quindi prende il telefono per fare un'altra chiamata.

Colombini e i suoi amici sono alla Fontana dell'Esedra. Una piccola macchina piena di gente arriva stridendo e si ferma improvvisamente proprio davanti a loro, quasi li investe. Escono Mimì e altri, in mezzo a un coro di indignazione: "Sei matto?!" "Vuoi ucciderci proprio alla vigilia di Capodanno?!"

Ci sono cattive notizie: "Siamo tredici!"

"Perché?" chiede Mimì. "Tortorella ha detto che viene".

Colombini spiega: “Sì, ma non viene Amapola”.

Il suo amico lo rimprovera di nuovo: “Colombini! Mannaggia a te e a quando ti do retta! Non avresti dovuto invitare Tortorella!"

Colombini si difende: “Ma che dici? Se non mi avessi seccato, non le avrei telefonato".

Un uomo in piedi tra loro interrompe il litigio. “Va bene, Tortorella rimane a casa. Mimì, vai a telefonarle".

"Ma tu sei matto! A quest’ora? Avreste dovuto pensarci prima!"

Colombini ha un'idea. Chiede: "Che ora è?"

L'uomo dice: "Sono quasi le dieci e cinque".

“Dieci e cinque...” riflette Colombini.

I suoi amici lo capiscono. "Le dieci sono passate. Sai cosa c'è?"

Si guardano l'un l'altro, poi all'improvviso lo capiscono tutti. Corrono come pazzi alle loro macchine, ridendo. "Andiamo!" "Sbrighiamoci!" “Via!”

Le tre macchine girano intorno alla fontana e poi se ne vanno via come lepri.

Mentre si allontanano dalla fontana, Gioia arriva sul suo taxi.

Quando esce dall'auto, vediamo che i suoi capelli sono biondi: ha davvero fatto qualcosa di nuovo su se stessa per il nuovo anno!

Cammina vicino alla fontana, guarda nella borsetta, aggiusta la sua elegante pelliccia bianca. Poi si guarda intorno, le spalle alla fontana, le mani incrociate, in attesa. È una vista solitaria.

Quindi si siede, sconsolata, mormorando: "Se avessi sbagliato fontana?" In un campo lungo, vediamo il flusso d'acqua brillante della fontana, il bagliore riflesso dalla strada e le lettere al neon della città sullo sfondo. Lei è l'unica figura in vista.

Nel frattempo, anche Lello sta aspettando, aspettando il suo complice. Guardandosi intorno, butta via la sigaretta. Mentre controlla l'orologio, vediamo Umberto che cammina giù per le scale dietro di lui, con indosso uno smoking.

Dice a Lello: "Buonasera, e scusi il ritardo".

Lello non dice una sola parola. Lo solo guarda dalla testa ai piedi. Confuso, Umberto stesso si guarda dalla testa ai piedi per vedere qual è il problema. Una macchia? Una tarmatura?

"Ma, mi scusi, lei è Lello?" chiede lui. Usa il lei formale anche se stanno per essere complici.

Lello fa un gesto disgustato verso lo smoking: "Ma che ti sei messo?" Lui non segue le formalità; usa l’informale tu.

"Perché?"

"Ma come? Non ti vedi?" risponde Lello, con mani giunte come in preghiera, ma muovendole su e giù: il gesto italiano per dire ‘ma che diavolo?’. "Mi chiedi pure perché?"

“Certo che dico perché! Spizzico, quando mi ha telefonato, mi ha detto di mettermi un abito da sera. E questo cos'è?" chiede con orgoglio.

"Un cameriere mi pari!"

"Eh, no, no! Caro amico mio!" Umberto alza le mani. "Un vero signore, per fare spicco in una grande serata, si mette il frac".

Lello, il borseggiatore, cerca di spiegare la natura dell’impresa della serata e la sua opinione dell'abbigliamento appropriato per una serata elegante. "A parte il fatto che non devi fare spicco, più passi inosservato meglio è, un vero signore va in giro senza cappotto?"

"Ce l’ho, ma è marrone. E poi, sul frac stona. In questo modo, sembro un signore che è appena sceso dalla macchina", spiega Umberto. La luce splende dai suoi capelli brillantinati e accuratamente pettinati.

Lello si allontana e Umberto lo segue, osservando: "Lasciati servire, io conosco tutte le malizie dell’abbigliamento maschile!"

È così basso che deve correre per tenere il passo con le lunghe falcate di Lello.

Senza voltarsi, Lello chiede: “Lo sai quello che devi fare?”

"Per sommi capi".

"Ti devi tenere sempre a portata di mano, ma senza mostrare che siamo insieme".

In qualche modo, Lello cammina a un ritmo normale, completamente a suo agio, mentre Umberto praticamente corre per tenersi al passo.

Lello si lamenta: “Appena prelevo qualcosa te lo metto in tasca. Ma tu le tasche non ce l’hai! Come fai?"

"Tutto a posto! Ho una tasca segreta! Questo frac io lo usavo quando facevo l’aiuto del mago Castelli”. È lo smoking di un numero di magia! Quindi cerca di chiarire il suo incarico. "Dunque, io lascio subito il locale e ti aspetto fuori, dico bene?"

Hanno smesso di camminare. Impaziente, Lello tocca il petto di Umberto con il dito. "No, non dici bene per niente! Vai al gabinetto e metti la roba nella cassetta dell'acqua. Hai capito? E poi torni da me”.

Umberto è impressionato quando Lello gli consegna un biglietto per l'evento della notte: "Ah, bravo! Hai pensato a tutto!”

"Io vado avanti. Tu entri tra cinque minuti e ti piazzi alla terza colonna” – lo istruisce Lello – “Resta lì finché io non ti faccio segno. Tra cinque minuti. L’orologio c’è l’hai?"

"No".

Lello colpisce Umberto bruscamente, gli dice di contare fino a cinquecento e se ne va.

Umberto si strofina la mano dove Lello lo ha colpito. "E che modo!" borbotta e inizia a contare – sulle sue dita, apparentemente un motivo del film ormai. Cammina in giro continuando a contare. I partecipanti alla festa in abbigliamento formale gli passano accanto.

Un taxi si ferma dietro di lui e una voce – quella di Gioia – urla: "Umberto!" Lui si guarda intorno, senza riconoscerla. Lei esce e si avvicina, ma si blocca alla vista di lui che conta sulle dita ad occhi chiusi.

Dopo aver osservato per alcuni istanti, lo chiama con un “oh!” Lui apre gli occhi ma non la riconosce e lei scoppia a ridere. "Sono Tortorella, no?"

"No! Tortorella!” batte le mani, felice di vederla. "Ma ti sei fatta bionda?"

Lei si gira per mostrare il suo nuovo look. "Si! Sto bene, vero?"

Mentre Gioia è distratta da qualcosa fuori dallo schermo, Umberto commenta: “Stai bene! Sai a chi assomigli? Kim Novak!”

"E tu mi pari una cornacchia", risponde lei beffardamente.

Umberto ha ripreso il conto. Lei chiede: "Che fai?"

Lui cambia argomento. "Stavo dicendo... Ti sei fatta bionda!"

"Lo hai già detto".

"Che, vai con i tuoi amici?"

"Eh, sì... no, non ci vado più per colpa tua, va bene?"

"Per colpa mia?!" Umberto si mette una mano sul petto.

"Certo, perché quando mi hai telefonato mi hai fatto perdere così tanto tempo che quando sono arrivata all’appuntamento non c’era più nessuno". Lui allarga le mani indifeso, ma lei continua: “Contento? Adesso vengo dal ristorante ungherese, ma non c'erano nemmeno lì". Agghindandosi i capelli, continua a guardare qualcosa fuori dallo schermo.

"Mi fa piacere", dice lui.

"Perché? Sei solo pure tu?”

"Beh, si".

Sono insieme, ma sembrano un po’ tristi e soli per un momento.

Poi, all'improvviso, Gioia afferra il braccio di Umberto e lo trascina in avanti. "Allora andiamo a divertirci insieme".

Lui la ferma. “Io mi prenderei a schiaffi! Mi spaccherei la testa! Mi darei un pugno in un occhio".

"Perché?" chiede lei.

"Sono nato con la scalogna addosso!"

"Questo lo so! Ma..."

"Tortorella, non te lo volevo dire – te lo dico". Prende il biglietto per l'evento. "Ho un impegno qua".

“Oooh. Con chi? Una famme?"

"Grossomodo…”

“E ti prenderesti a calci per quello? Ha!”

Lei continua: "Se ci tieni tanto a stare con me, entriamo lo stesso e quando arriva questa signora..." Si mette in posa da ballo e gli agguanta il biglietto dalla mano. "Ci fai ballare un po’ a turno. Dai, sbrigati!” Lei inizia ad andare.

Lui le afferra il braccio: “No! Ascolta! Andiamo in un altro posto. Ci facciamo una bella pizza, eh?" Lui non vuole che lei sappia del suo accordo con Lello.

Gioia emette una risata feroce, come se fosse stata tradita: "Non dovrei nemmeno vederla? Chissà che raggio di sole che è!” Si gira per entrare e lui le prende il braccio. "Mica faccio una scena di gelosia. Non può essere peggio di quello che immagino. Andiamo dentro, chissà gli amici che troverò!” esclama, provando a sembrare sofisticata. “Capace che ti levo il disturbo subito!"

Sullo sfondo, appoggiato a una colonna di pietra, una figura sta guardando questo scambio. Si strofina il mento, come perplesso.

Tortorella ora rinuncia al suo tono sofisticato e grida in dialetto romano: "’Namo Umbe’, me voglio divertì io stasera!" e se ne va, tenendo il biglietto di lui. Umberto sembra avvilito.

Quindi la figura sullo sfondo chiede: "Signora, cosa facciamo?" È il tassista!

Lei continua a camminare e urla a Umberto da fuori schermo: "Paga il taxi!"

"Chi io?"

"Tu, tu!"

FINE PARTE II

ENGLISH TRANSLATION

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GLOSSARIO

  • l’abito (o/i) da sera – black tie

  • agghindandosi (agghindarsi) – primping, preening

  • agguanta (agguantare) – she snatches

  • auguri (io/i) – best wishes

  • avvilito (avvilire) – miserable (past participle as adjective)

  • avrei (avere) anche –  I happen to have

  • beffardamente – dryly

  • il bocchino (o/i) – the cigarette holder 

  • borbotta (borbottare) – he mutters

  • il borseggiatore (e/i) - the pickpocket

  • la borsetta (a/e) – the purse

  • calci (cio/ci) – kicks

  • un campo (o/i) lungo (go/ghi) – a long shot

  • capace (e/i) – might, could

  • il capo (o/i) – at the other end

  • cascarci – to fall for something, to be taken in

  • la cassetta (a/e) dell'acqua – the toilet tank

  • i colpetti (o/i) – the pats

  • compone (comporre) – he dials

  • corpulento (o/a/i/e) – burly

  • deridendo (deridere) – mocking

  • do (dare) retta – I listen to, heed

  • dunque – so, therefore

  • si erge (ergersi) – it rises above

  • facendo (fare) una smorfia (a/e) – grimacing

  • le falcate (a/e)  the strides

  • una famme (no change) – a woman (adaptation of French)

  • fare spicco – stand out 

  • farti (fare) da spalla – to assist you, (give you backing)

  • fottuto (fottere) – fucked, screwed (past participle as adjective)

  • il frac (no change) – the tux

  • il gabinetto (o/i) – the bathroom

  • gilet (no change) - vest

  • grossomodo – more or less

  • l’impresa (a/e) - the endeavor

  • incensurato (o/a/i/e) – without a criminal record 

  • incidente (e/i) – accident

  • iella (a/e) – jinx, bad luck

  • si infortuna (infortunarsi) – he has an accident

  • irrompe (irrompere) – she bursts in

  • un italiano incerto – broken Italian

  • investe (investire) – it runs over 

  • lasciati (lasciarsi) servire - trust me, let me help you 

  • lepri (e/i) – hares

  • levo (levare) – remove, take away

  • i locali (e/i) notturni (o/i) – the nightclubs

  • le malizie (ia/ie) – the tricks

  • mannaggia! – damn!

  • mascherando (mascherare) – disguising

  • materassi (o/i) –  mattresses

  • il mento (o/i) – the chin

  • si mette (mettersi) al lavoro – he gets down to business

  • mica – at all

  • il mondo dello spettacolo – show business

  • un morto (o/a/i/e) di fame –  a bum

  • un motivo (o/i) – a motif

  • un mozzicone (e/i) di sigaretta (a/e) – a cigarette butt

  • ‘namo (anna’à) – let’s go (in Roman dialect)

  • un numero (o/i) di magia – a magic act

  • patti (o/i) – agreement

  • però! – not bad!, (surprised approval)

  • piantare – to stop

  • ti piazzi (piazzarsi) – you take your position

  • prelevo (prelevare) – I withdraw [something]

  • i presenti (e/i) – the people there

  • le pretese (a/e) –  the pretences

  • un pugno (o/i) – a punch

  • riattacca (riattaccare) – she hangs up

  • ridacchia (ridacchiare) – she chuckles

  • roba (a/e) – stuff 

  • saltellando (saltellare) – skipping

  • lo scagnozzo (o/a/i/e) – the sidekick

  • la scalogna (a/e) – jinx, rotten luck

  • schiaffi (o/i) – slaps

  • sciogliere – to melt

  • scrocca (scroccare) – he bums, mooches

  • avessi seccato (seccare) – you nagged

  • lo smoking (no change) – the tailcoat, tuxedo

  • sommi capi – the general idea

  • le sopracciglia (o/a) – the eyebrows

  • spaccherei (spaccare) – I would break

  • spartisci (spartire) – you split

  • stizza (a/e) – impatience

  • stona (stonare) - it doesn’t look right

  • stridendo (stridere) – screeching

  • si strofina (strofinarsi) – he rubs

  • una tarmatura (a/e) – moth hole

  • tenere il passo – to keep up

  • ci tieni (tenerci) – you prize, value

  • l’uomo (mo/mini) d’appoggio – the assistant, literally ‘supporting man’